giovedì 1 febbraio 2018

La Terra del Ferro e del Fuoco - Cap V - Il luogo dei baci

Ecco qua un po' di romanticismo, di zucchero e di pordenonesissimo Ponte di Adamo ed Eva per capire meglio il background sentimentale del buon Martin

Il luogo dei baci


Il luogo dei baci. Ogni persona ha il suo preferito. Se ci fate caso ogni coppia ha il suo spazio d'elezione per scambiarsi le effusioni private. E ogni location ha i suoi vantaggi e svantaggi. Se Martin fosse stato veneziano si sarebbe sicuramente diretto verso le Fondamenta Nove, in un bellissimo spiazzo con vista cimitero. Non per personale culto macabro e necrofilo, ma semplicemente perché essendo quello il punto, a suo parere, più orrido della città lagunare, senza meraviglie artistiche o architettoniche da ammirare, l'unica cosa che restava da fare era baciarsi.
Ma Martin non aveva avuto avventure sentimentali in laguna e aveva inconsciamente stabilito fin da piccino che il miglior posto pubblico dove scambiarsi dimostrazioni d'affetto private, in terra naoniana fosse lì.
Panchine di legno. Fila di alberi (non si avventurava nel cercare di distinguerne la specie. Alberi e basta. Punto.). Lampioncini. Da un lato la facciata illuminata di una chiesa cinquecentesca e dall'altro l'inizio della Contrada Maggiore con il profilo rassicurante del Duomo e del Campanile. Sotto scorreva placido il buon vecchio Noncello con il suo carico di rasse e masurini. A fare da custodi al tutto due severe figure, un po' padrone di casa e un po' guardone. Dicono siano Adamo ed Eva, sorveglianti del ponte a loro dedicato.
Qui Martin aveva per la prima volta assaggiato il succoso frutto rappresentato dalle labbra di Jamila.
Era stato strano riuscire a trasformare in realtà e con l'esatta scenografia tutte le sensazioni che fin da adolescente aveva più volte immaginato.
Ora si ricordava con tenerezza i dubbi amletici che a quel tempo lo attanagliavano a riguardo delle prime pratiche amorose, condivisi con gli amici. E si ricordava anche con raccapriccio i consigli di qualche "uomo vissuto" che la sapeva lunga (o almeno così lasciava intuire) che si allenava davanti allo specchio in lunghe ed estenuanti pomiciate. Ovviamente solitarie.
Solitario come Martin che se ne stava seduto senza compagnia su una delle panchette di legno del ponte, naufrago, come di consueto, nel proprio mare di pensieri.
Ora più che mai aveva bisogno di sentire vicino a sé la presenza di Jamila.
Il loro rapporto era sempre stato altalenante. Quando l'aveva vista la prima volta?
Non poteva non ricordarselo.
Era stata assunta, per la stagione estiva, nel piccolo bar che si trovava nello stesso vicoletto della libreria nella quale lavorava Martin.
Era stata simpatica a Martin già la prima volta che gli aveva servito un drink durante una pausa di metà mattina, di un torrido luglio.
Occhi furbi e vivi. Sorriso sempre presente, ma mai forzato.
Certo anche una certa permalosità ed un caratterino di ferro, pronto per scelte anche difficili e coraggiose.
Non ultima quella di servire, lei mussulmana, una quantità indicibile di alcool ai clienti. Anche se, per essere onesti, tentava sempre di portarli sulla retta via spacciando loro del più coranico, ma purtroppo imbevibile per i più, succo di mirtillo.
Nonostante queste discutibili scelte bibitorie, che comprendevano anche l'orrido mix Coca Cola/Birra, Martin si trovava bene con lei.
Era iniziato tutto con scambi di piccole frasi tra la consegna di un aperitivo e l'altro ed era proseguito con grandi discorsi sui più svariati argomenti, che dilatavano le pause caffè di Martin a delle mezz'ore, ponendolo seriamente a rischio licenziamento.
Il rischio in genere non era mai stato il suo forte e quindi i tentativi di far capire alla gentile donzella quali erano le sue intenzioni erano piuttosto goffi.
Tutta una sequela di strampalati sms, impacciate scuse per poter attaccar bottone e mai la forza di sbilanciarsi e pronunciare il fatidico invito ad uscire (o perlomeno a qualcosa che si avvicinasse ad un appuntamento).
Martin preferiva restarsene al sicuro nel suo guscio fatto di sogni e certezze che (forse) un giorno si sarebbero trasformate in realtà.
Avrebbe scoperto solo in seguito che proprio tutti questi pietosi espedienti e comportamenti balzani avevano attratto irresistibilmente la ragazza.
L’episodio che aveva dato via ufficialmente al loro rapporto rappresentava alla perfezione questo strano, e a dir la verità, inconsapevole fascino che Martin esercitava su di lei. Una sorta di filosofia della sconfitta che diventa vittoria.
L’episodio era scolpito nella sua memoria.
Martin era appena arrivato a Venezia. L’occasione era una rimpatriata con vecchi compagni di università. Si prospettava una di quelle serate nelle quali si spettegola, si rimembrano antichi episodi, talvolta divertenti, e si ritorna a casa magari tristi, magari allegri, sicuramente con un elevato grado alcolico in corpo.
Dopo aver piacevolmente camminato per alcune tra le più oscure ed interessanti calli della Laguna raggiunse la meta designata.
Si trattava di un ristorante indiano. Gli tornarono in mente gli avvertimenti di un vecchio amico giramondo che sosteneva che nei suddetti ristoranti più curry era presente nella pietanza e più la carne era andata a male.
Si fece coraggio, entrò e iniziò a conversare piacevolmente e con un certo savoir faire con i reduci della sua avventura universitaria.
Al primo boccone la bocca gli andò in fiamme: eccesso di curry. Decise di tenere a freno le proprie malelingue mentali sulla mancata osservanza delle norme HACCP e innondò abbondantemente la piccante carne con vino e bevande.
La strada per ritornare alla stazione di Santa Lucia gli parve assolutamente meravigliosa: cielo stellato, luci riflesse sull’acqua. Anche se, a dire il vero, era un po’ più lunga e difficile del solito.
Arrivato infine a bordo del treno che lo avrebbe riportato possibilmente sano e salvo a Pordenone, si accasciò su un sedile ed aprì il finestrino. Il caldo gli sembrava insopportabile. Mentre effettuava queste operazioni, in maniera piuttosto animalesca, si sorprese a pensare a Jamila. Senza pensarci su prese il cellulare e le scrisse un sms che dovette risultare piuttosto sconnesso. Dopo qualche minuto sentì il telefono che vibrava ostinatamente all’interno della tasca dei pantaloni. Seguì una lunga ed esilarante lotta per riuscire ad estrarlo da quel luogo impervio ed inaccessibile. Martin accigliandosi come un miope all’ultimo stadio lesse sul display il nome di chi lo chiamava. Era lei. Si pronto? Sei ancora a lavorare, ma mi aspetti per una birrà? Ok.
Una birra? Un’altra? Per non pensarci, Martin si girò su un fianco e restò in uno stato di vigile intontimento per circa un’oretta.
Arrivato nel deserto paesaggio lunare di Viale Mazzini avvertì subito che l’aria era decisamente più frizzante rispetto a quella veneziana. Avrebbe scoperto, più tardi, guardando sconsolato i bozzi sulla carrozzeria della sua auto, che aveva grandinato.
“ Carne avariata, ubriachezza molesta, tempesta. Che altro prospetta la serata?” si chiese tutto intirizzito.
Perlomeno la passeggiata che fece al fresco per raggiungere il locale dove lavorava Jamila gli servì per tornare quasi tra i possessori di facoltà cerebrali.
Jamila era lì che faceva le ultime pulizie prima di chiudere il locale. Senza quasi accorgersene Martin si ritrovò seduto su di uno sgabello con un bicchiere di birra in mano, perso tra le parole di lei che gli raccontava della giornata appena trascorsa, dei problemi con l’ex fidanzato e di chissà cos’altro. Martin era poco interessato al senso del discorso, ma rapito da quel fiume di parole e dalla sola presenza di quel meraviglioso esemplare di donna.
“ Beh dove mi porti adesso a prendere l’ultimo?” disse lei, cercando di ridestare Martin che invece aveva già passato la soglia dell’ultimo e anche dell’ultimissimo veloce. Cercando di dimostrare una presenza di spirito che in realtà non aveva, si alzò atleticamente dallo sgabello e la invitò a seguirlo verso il suo lussuoso automezzo. Poi una volta arrivati lì avrebbe improvvisato, come di consueto.
Durante il tragitto Jamila fece un sacco di allusioni che Martin già tardo di suo e inoltre inebetito dall’alcool non colse.
Arrivati alla macchina c’era l’occasione per una scena tipica hollywoodiana: parcheggio deserto, il lume di un lampione e due giovani innamorati. La tempesta c’era già stata, che altro sarebbe potuto accadere?
Ovviamente il telefono di Jamila iniziò a suonare come impazzito.
Martin percepì solo una sequela di suoni incomprensibili che dedusse fosse lingua araba.
“Hai capito, no?” – disse
Veramente no, rispose l’espressione facciale di Martin.
“ Era mio fratello. Mi avvisava che il babbo stasera rincaserà prima del solito. Sai, se vede che non ci sono ancora, potrebbe crearmi problemi. Potresti riaccompagnarmi a casa?”
Certo, avrebbe voluto dire Martin. Ma l’unica cosa che fece fu aprire cortesemente la portiera dal lato passeggero.
“ Scusami. Dispiace anche a me “. Schiocco di un bacio sonoro sulla guancia di Martin.
“ Non preoccuparti, nessun problema. “ riusci ad articolare Martin, cercando di apparire convincente e naturale.
Arrivati sotto casa di Jamila i due si guardarono. Reciproco e casto bacino sulla guancia.
Ciao
Ciao, ci sentiamo.
Martin rientrò a casa, per la felicità dei vicini attaccò lo stereo a volume esagerato e si lanciò a corpo morto sul suo divano preferito.
Decise che doveva condividere con qualcuno il misto di rabbia e frustrazione che lo affligevano.
Prese febbrilmente tra le mani il cellulare. Cercò di articolare i propri pensieri, anche se ciò che doveva scrivere era piuttosto elementare.
Litigò anche con il maledetto ed ottuso T9. Alla fine soddisfatto della propria opera, si ritrovo a rimirare sul display l’animazione della bustina che indicava l’operazione di spedizione del messaggio.
Nel frattempo si accorse che una piccola icona lampeggiante lo invitava a leggere un sms che evidentemente era giunto mentre lui era preso dal suo sforzo creativo.
Era di Jamila.
Semplice. Incisivo. Meraviglioso. E senza k e abbreviazioni
Visto che non lo fai tu, ci penso io: ti amo follemente e irreparabilmente, scemo”.
Martin respirò profondamente. La testa gli girava lievemente. Attorno suoni di chitarra arpeggiata e slide.
Ti renderò più facile decidere ciò che è inevitabile… Destinati a perdersi…..
Martin con un sorrisetto sulle labbra, decise che era giunto il momento di perdersi, con la consapevolezza che tante cose li accomunavano, e su una erano entrambi concordi, anche se lei l’aveva formulata in maniera più forbita e femminile.
Qualche minuto prima, ed esattamente alle ore 03.12 della mattina, era comparso sul video del telefono di Leo Merlo il seguente messaggio:
Sono proprio un mona

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